1. Notizia sull’opera
L’Enrico IV è un dramma in tre atti composto da Luigi Pirandello nel corso del 1921 e rappresentato per la prima volta al Teatro Manzoni di Milano nel 1922 dalla compagnia dell’attore Ruggero Ruggeri. Nello stesso anno l’opera viene pubblicata presso l’editore fiorentino Bemporad. D’ambientazione primo novecentesca, racconta la tragica storia di un nobile che, durante una festa di carnevale, veste i panni di Enrico IV, imperatore di Germania. Caduto da cavallo durante la mascherata il nobile si risveglia convinto di essere il proprio personaggio. Per vent’anni perpetua la finzione, anche dopo esser guarito, incapace di riprendere il suo posto nella realtà. L’assassinio dell’eterno rivale in amore lo condannerà a mettere in scena per sempre la propria follia. L’Enrico IV è una profonda riflessione sulla «scoperta del grigiore, dell’invecchiamento delle cose e di se stessi» e sul dramma di una pazzia in cui «l’individuo è isolato completamente: se non può più vivere nel presente, non riesce a ricostruire il passato né a proiettarsi nel futuro». Assieme a Sei personaggi in cerca d’autore, l’opera rappresenta una delle prove drammaturgiche più celebri e riuscite di Luigi Pirandello.[1]
2. Descrizione del fondo e del testimone
Presso la casa romana di Luigi Pirandello ha sede l’Istituto di Studi Pirandelliani e sul Teatro Contemporaneo, fondato nel 1961 al fine di preservare e divulgare le opere dello scrittore. L’Archivio comprende, oltre alla Biblioteca, una nutrita serie di materiali d’autore: manoscritti, dattiloscritti, bozze di stampa, corrispondenza. Di notevole rilievo gli autografi posseduti, tra cui: la tragedia Enrico IV, il dramma U’Ciclopu, la commedia ‘A birritta cu ‘i ciàncianiddi, il romanzo Uno, nessuno e centomila. Molti dei materiali citati sono stati digitalizzati e resi disponibili per la consultazione online. Sono ospitati nel sito web dell’Istituto in una “Collezione digitale” dedicata. Il fascicolo dell’Enrico IV è costituito da 86 carte manoscritte su un quaderno da computisteria. Le carte misurano 21×27 cm e sono rilegate in una cartellina in pelle marrone scuro, su cui si possono leggere nome e cognome dello scrittore, la dicitura «Teatro», più in basso «L. Pirandello» e il titolo dell’opera incisi in oro. La legatura è successiva all’autore. I fogli sono quasi tutti scritti sia sul recto che sul verso. La numerazione a mano non è pirandelliana ed è stata effettuata a matita, in alto, sul margine destro, contando anche le pagine bianche (166 pp.). Gli inchiostri utilizzati sono di tre tipologie: nero per il testo e la maggior parte delle correzioni e rosso per le didascalie, in qualche punto del ms. è presente anche una penna blu, generalmente adoperata per apporre modifiche. Il testo si presenta complessivamente redatto con una grafia chiara ed ordinata, ancorché minuta, tuttavia, soprattutto nella seconda metà si infittiscono le correzioni e le aggiunte interlineari. Il manoscritto «non ha continuità di dettato ma è formato da 14 frammenti o ‘sezioni’ appartenenti a diverse stesure del testo: tre sezioni più ampie, ciascuna delle quali corrisponde a un atto (il secondo incompleto); undici minori che offrono una o più varianti al testo».[2] Non è possibile stabilire con certezza la cronologia dell’autografo che, data la distanza delle lezioni dalla versione finale, potrebbe configurarsi come prima redazione dell’Enrico IV.[3]
La carta esaminata, numerata 127, si situa all’interno dell’Atto secondo e costituisce, assieme alla 128 un proseguimento della 131. È stata pubblicata per la prima volta nell’Appendice all’Atto secondo dell’edizione Pasquazi. Nel volume la studiosa riporta il testo del manoscritto suddividendolo nei canonici tre atti, accompagnati in appendice dai rifacimenti e dalle carte incompiute. Istituisce, inoltre, mediante la disposizione del testo in due colonne, un raffronto con l’edizione a stampa datata 1922. Allo studio di Livia Pasquazi si affianca, nel decennio successivo, la ricostruzione del testo messa a punto da Alessandro d’Amico per l’edizione delle opere pirandelliane nei Meridiani Mondadori. Lo studioso organizza con maggiore precisione i materiali eterogenei del manoscritto, procedendo ad una classificazione delle pagine sparse e dei rifacimenti. Le carte vengono suddivise, come già ricordato, in quattordici ‘sezioni’, il cui alternarsi è illustrato in uno schema che chiarifica graficamente la complessa struttura dell’autografo (p. 1066). La carta 127 viene ascritta dallo studioso alla decima ‘sezione’ (costituita dalla sole c. 127-128) e considerata «prima e tormentatissima redazione d’un brano la cui prima parte, ricopiata, è alle p. 120 e 122. È un frammento omesso nella redazione finale, salvo le battute iniziali».[4]
3. Edizione diplomatica
La scelta di inserire in questa sede la diplomatica è mirata a dimostrare, attraverso un confronto sinottico – lungi da un rifiuto preconcetto –, che la fedele riproduzione delle minute particolarità materiali e grafiche rappresenta un primo approccio al documento: rivelando la superficie del testo, offre una solida base di partenza su cui sperimentare le potenzialità ermeneutiche proprie dell’edizione critica.
3.1 Riproduzione
4. Edizione critica
Riportiamo ora la prova di edizione critico-interpretativa. Per quanto la diplomatica sia fondamentale per un primo contatto con il testo, riteniamo, infatti, che uno studio completo di carte autografe non possa prescindere da un’edizione che si ponga lo scopo di ricostruire i fenomeni che hanno segnato la genesi dell’opera e consenta di osservare, da una posizione di privilegio, l’autore nella sua officina. Si è scelto di presentare la pagina manoscritta secondo l’ultima lezione ricostruibile, allestendo un apparato di tipo genetico orizzontale, che dia conto oltre che della topografia delle varianti anche della successione cronologica con cui sono state apposte. La numerazione delle battute, tra parentesi quadre, è redazionale. Per ogni altra precisazione si vedano le Note filologiche.
4.1 Testo e apparato
4.2 Note filologiche
[1] Le correzioni paiono tutte apposte con il medesimo inchiostro nero, lo stesso con cui viene vergato il testo base. Risulta perciò difficoltosa la distinzione tra varianti immediate e tardive. È cassata in rigo la prima occorrenza dell’espressione «di là», forse per evitare la ripetizione all’interno dello stesso periodo della medesima formula, conseguente all’espunzione del primo «di» è l’aggiunta, dopo la parola «costumi», di una virgola. La cassatura interessa successivamente anche la seconda occorrenza, che da «com’è di là» passa a «come quella…», con conseguente modifica dell’articolo determinativo in indeterminativo.
[7] Dopo una prima metà di agevole lettura, la carta si complica, con inserimenti e cassature di intere porzioni testuali.
Le varianti individuate nella settima battuta, presentate separatamente per maggior chiarezza, fanno tra loro sistema. Rappresentano una riscrittura dell’intero periodo verso una maggiore indeterminatezza. Lo testimonia il passaggio dalla prima persona singolare «come faccio» alla terza impersonale «com’è», reiterato nella seconda interrogativa, in cui si passa da «non faccio sul serio» a «vi pare che non sia sul serio», attraverso una fase intermedia «vi pare che io non faccia sul serio».
Dopo la conclusione della settima battuta, pronunciata da Enrico, possiamo individuarne cinque aggiunte ex-novo in uno spazio prossimo al margine destro. Le battute rappresentano una rielaborazione delle prime tre righe del monologo di Enrico, da considerarsi pertanto rigettate. Manca però una cassatura vera e propria che le renda illeggibili, Pirandello si limita a tracciare un segno trasversale sulle righe. Tale stadio non definitivo di correzione della pagina conferma la situazione incompleta e magmatica in cui versa il manoscritto, contenente rifacimenti e rielaborazioni che non confluiranno mai nell’opera finale e su cui pertanto l’autore non ha interesse nell’esercitare una revisione definitiva.
[10] Nella prima intenzione dell’autore la decima battuta di Enrico doveva fungere da collegamento tra la porzione testuale aggiunta a margine e il testo nella sua stesura iniziale. Lo conferma l’occorrenza, a conclusione, rispettivamente, della battuta aggiunta e delle tre righe di monologo, del medesimo «non vedere più». Un ripensamento successivo porta però a rimandare questo intervento, mediante l’aggiunta della battuta [11] e dell’inizio della [12], come conferma in questo caso la presenza del medesimo «fisso».
[12] L’incipit del lungo monologo pronunciato da Enrico si caratterizza per una spiccata elaborazione interna. In una prima fase lo scrittore si limita a riadattare alcune delimitate porzioni di testo (il cui apparato è qui riportato nella nota contrassegnata da un asterisco). Ci sembra utile schematizzare le fasi:
- Rielaborazione del testo, contrassegnato in nota da (*), poi rigettato mediante un tratto di penna sulle tre righe.
- Aggiunta di tre nuove battute [8], [9], [10], con inizio dopo la [7] e continuazione a partire da «non vedere più».
- Aggiunta di ulteriori due battute [11] e inizio [12], con continuazione a partire da «fisso».
In una prima fase la correzione di «che hanno preso il vostro posto» ne «il vostro posto preso da altri», sembra funzionale ad introdurre una variatio che non appiattisca il periodo, differenziandolo così dal precedente «che vi hanno tradito». In seguito Pirandello corregge il «che» in «come», quasi per attrazione del precedente «come sono mutate».
Poco leggibile risulta la lezione cassata che dà esito finale ne «il cervello». Si ipotizza «vostro» anche in ragione della correzione successiva di «si rimargina» in «vi si rimargina». Ancora una volta la correzione fa sistema con la precedente, si passa da «il guasto, qui, dentro, nel vostro cervello» a «il guasto qua, dentro il cervello» con una opportuna riduzione della punteggiatura. La virgola che segue «qua» potrebbe anche essere un’aggiunta seriore, conseguente alla cancellazione dei due segni interpuntivi, in uno spezzone di periodo che potrebbe essersi configurato così: «il guasto, qui dentro, nel vostro cervello».
Di difficile lettura risulta «avevo», cui viene soprascritto «ho». Sulla «a» l’autore traccia una «h», forse nel tentativo di correggere in rigo.
5. Come lavorava Pirandello
Da un esame complessivo del testimone possiamo trarre alcune considerazioni di ordine generale sul metodo di lavoro dello scrittore. Le carte che compongono l’Enrico IV si presentano, nella quasi totalità del manoscritto, linde e ordinate. Nella seconda parte, tuttavia, restano sulla pagina i segni di una più sofferta rielaborazione. Trova comunque conferma l’analisi di Pasquazi, secondo cui caratterizzano le abitudini correttorie di Pirandello: «incastri, utilizzazioni di parti distinte composte in tempi diversi, ritorni espressivi e tematici».[5] La carta 127 dimostra, infatti, come il lavoro correttorio sia caratterizzato da una spiccata tendenza al riutilizzo di forme e motivi preesistenti nel testo, rielaborati o semplicemente ricollocati sulla base di una revisione di ordine sia contenutistico che stilistico-formale. Nonostante ciò, «ordinariamente l’opera nasce già risolta, salda nelle sue strutture»,[6] le possibili variazioni sono sempre variazioni sul tema, non alterano quindi l’intelaiatura narrativa del dramma pirandelliano. Il lavoro correttorio si concentra su singoli episodi, piccole porzioni di testo, esercitando un’accurata rifinitura, un lavorio «fatto di tocchi, aggiustamenti, saldature, lavorio consumato più col cesello che col piccone».[7] Tale lavorio agisce anche sulla carta esaminata, nel caso specifico lo status magmatico della sezione a cui la pagina è ascrivibile le conferisce una veste particolarmente elaborata, specchio di una lavorazione del testo ancora in divenire.
La tipologia correttoria cui Pirandello fa più frequentemente ricorso risiede nell’aggiunta di intere porzioni testuali. Lo spazio della pagina viene sfruttato intensivamente, utilizzando l’interlinea superiore e i margini per accrescere il testo. Le aggiunte sono costituite da parole singole ma anche da intere frasi: all’interno della battuta [12] viene inserito, per esempio, in corpo minore, un lungo inciso: «e non sapete ancora se è sonno o veglia: ma sì, siete sveglio – toccate questa cosa e quella». Molto interessante anche la scelta di inserire un intero blocco di nuove battute, cassando tre righe dal monologo di Enrico e rielaborandone il contenuto, affidandolo alla voce di più personaggi, così da garantire maggior movimento alla scena. L’aggiunta non arricchisce, infatti, il discorso tra i protagonisti, introducendo nuovi motivi o situazioni. Al contrario, secondo un metodo tipico dell’usus pirandelliano, varia un tema già precedentemente abbozzato. La scelta di cassare parzialmente l’incipit del monologo risponde, tra l’altro, ad esigenze drammaturgiche specifiche: immediatezza, vivacità e rapidità della scena. Risulta infatti più efficace ai fini del movimento scenico uno scambio di battute tra quattro diversi personaggi (Landolfo, Arialdo, Ordulfo ed Enrico stesso), di una lunga sezione monologante. Tra le tipologie variantistiche più frequenti vi sono, inoltre, gli interventi sulla punteggiatura, anch’essa essenziale per la resa del testo teatrale durante la recitazione. L’introduzione di nuovi segni interpuntivi è volta a segmentare l’azione drammatica e a conferirle maggiore ritmo, musicalità, immediatezza. Il periodo viene spezzato in porzioni brevi e rapide, nella prima battuta, per esempio, una virgola segmenta una frase che prima si presentava come «con tanti costumi di là in guardaroba», divenuta poi «con tanti bei costumi, là in guardaroba». In molti casi ai puntini di sospensione vengono sostituiti il punto interrogativo o esclamativo, al fine di segnalare agli attori l’intonazione con cui pronunciare la battuta. Si vedano a titolo di esemplificativo: «i vostri capelli che si sono ingrigiti…» passato a «i vostri capelli che si sono ingrigiti?» o «e non me n’ero accorto!» soprascritto su «senza accorgermene…». Per quanto riguarda il lessico pirandelliano, lo scrittore tende ad intervenire su singoli vocaboli o locuzioni nel tentativo di «illimpidire il tessuto linguistico», «ottenere il discorso più parlato e meno libresco» e «rendere il tono più colloquiale e più mosso».[8] Una ricerca finalizzata al conferimento di una peculiare scioltezza e di una studiata semplicità del dettato. Si prediligono, dunque, espressioni meno artificiose, più tipiche della lingua quotidiana: la sala «com’è di là, apparecchiata» diventa, più semplicemente, una sala «come quella»; «Vi pare che io non faccia sul serio», viene snellito in «Vi pare che non sia sul serio»; «è scomparso» sostituisce il meno usuale «s’è disperso». Per garantire maggiore evidenza ad alcuni segmenti di testo durante la recitazione, è frequente anche la loro ripetizione. Le aggiunte di questo tipo sono molto numerose, quasi sempre riportate in interlinea superiore: l’espressione «vi pare una burla?» viene per esempio più volte ripetuta, «in marsina e cravatta bianca» conta, infine, due occorrenze a brevissima distanza.
Le varianti attestate nella carta 127 permettono, quindi, attraverso un primo approccio al laboratorio dell’autore, di ricavare alcune categorie generali applicabili all’intero manoscritto e, più estesamente al sistema della lingua e dello stile pirandelliano. Alcune abitudini di intervento e correzione sul testo, infatti, si dimostrano ben radicate, parte integrante del metodo compositivo dello scrittore. Analizzando il sistema delle correzioni nella loro totalità appaiono, inoltre, manifeste alcune delle motivazioni alla base di tali interventi. Tra queste spicca la necessità di adattare i contenuti e lo stile ad una resa drammatica il più possibile efficace, necessità che rende il testo teatrale un interessante e stimolante caso filologico.
F. Cianfrocca
Note
[1] La presente Notizia è redatta sulla base del saggio introduttivo all’Enrico IV, in Luigi Pirandello, Sei personaggi in cerca d’autore, Enrico IV, a cura di Corrado Simioni, Milano, Mondadori, 1980, alle pp. XXXIV-XXXVI, ibidem anche le citazioni a testo.
[2] Note ai testi, in Luigi Pirandello, Maschere nude, vol. II, a cura di Alessandro d’Amico, Milano, Mondadori, 1993, p. 1054.
[3] La redazione della presente descrizione è basata, oltre che sull’osservazione diretta del testimone, sulla lettura della Nota Introduttiva allo studio del manoscritto e dei Criteri di edizione, in Livia Pasquazi Ferro Luzzi, Un manoscritto autografo inedito dell’“Enrico IV” di L. Pirandello, Roma, Bulzoni, 1983. pp. VII-VIII e XIII, e sulle Note ai testi in Maschere nude, cit., pp. 1053-1054.
[4] Maschere nude, cit., p. 1055.
[5] Un manoscritto autografo inedito dell’“Enrico IV” di L. Pirandello, cit., pp. XII-XIII.
[6] Ibidem.
[7] Ivi, p. XIII.
[8] Ivi, pp. XII-XIV.
6. Bibliografia e sitografia
a) Luigi Pirandello
Luigi Pirandello, Sei personaggi in cerca d’autore, Enrico IV, a cura di Corrado Simioni, Milano, Mondadori, 1980.
Luigi Pirandello, Maschere nude, vol. II, a cura di Alessandro d’Amico, Milano, Mondadori, 1993.
b) Il fondo
Home page dell’Istituto di Studi Pirandelliani e sul Teatro Contemporaneo.
c) Il manoscritto
Collezione digitale, manoscritto dell’Enrico IV.
Livia Pasquazi Ferro Luzzi, Un manoscritto autografo inedito dell’“Enrico IV” di L. Pirandello, Roma, Bulzoni, 1983.
ENGLISH
How to prepare a critical edition:
Luigi Pirandello, Henry IV, page 127
1. The play
Henry IV (1921) is a three-acts tragedy, written by the Italian playwright Luigi Pirandello. The theatre company of the popular actor Ruggero Ruggeri performed the drama for the first time in 1922 at the Manzoni’s Theatre of Milan. In the meantime, Bemporard Editions published the text in Florence.
The action takes place in the early nineteenth century, when a nobleman decides to wear an historical fancy dress for a carnival party. The character he chooses is Henry IV, the Holy Roman Emperor. During a horse ride, the nobleman falls off his horse and loses consciousness. When he comes to, he believes to be Henry IV. For twenty years he perpetuates the fiction, even after he comes back to senses, unable to regain his place in reality. The murder of his arch rival in love condemns him to eternal madness. Together with Six Characters in Search of an Author, the drama is one of Luigi Pirandello’s most famous and successful plays.
2. The Archive and the manuscript
The Istituto di Studi Pirandelliani e sul Teatro Contemporaneo[1] (“Institute of Pirandello and Contemporary Theatre Studies”) is located in Rome, where the writer spent the last three years of his life. It was founded in 1961 with the aim of preserve and promote Pirandello’s work, and contains a Library and an Archive with letters, manuscripts, typescripts, and drafts. The Archive retains important autographs such as the tragedy Henry IV, the drama U’Ciclopu, the comedy ‘A birritta cu ‘i ciàncianiddi, the novel One, No One and One Hundred Thousand. Thanks to a digitisation project, the most part of these materials is now available on the Instituto website, in a specific “Digital collection”[2].
Eighty-six sheets – handwritten on a computational notebook – compose the manuscript. Each leaf measures 21×27 cm. A dark brown leather folder binds them all. On the cover, we can read the writer’s name and surname, the word «Theater», and, beneath it, «L. Pirandello» with the title of the work engraved in gold. Most of the sheets are written on both the recto (front side) and the verso (back side). The pages are numbered in pencil (not by the author) at the top of the right margin, counting also white pages (166 leafs). The author uses three different kinds of ink: black for the text and most of the corrections, red for stage directions, and blue for the edits. The handwriting is usually clear and neat, though if tiny. However, in the second half of the manuscript amendments and interlinear inclusions increase.
The manuscript consists of 14 fragments linked to different phases of the text. There are three larger sections which correspond to one act (the second is incomplete) and eleven shorter ones that offer one or more variants of the text. It is not possible to retrace the history of the autograph, but because of the distance between the its readings and the final version, we can suppose that it is part of Henry’s IV first draft.
Page 127 belongs to the second act and, together with page 128, it is the continuation of page 131. It was published for the first time in the Appendix to the second act of Pasquazi’s edition[3]. In this work, the scholar transcribes the text and divides it into three acts, with an Appendix of revisions and unfinished parts. In addition, she separates the text in two columns, and makes a comparison between it and the print edition (1922).
Ten years later, another scholar, Alessandro d’Amico, works on the text, and prepares Pirandello’s Theatre critical edition for the series I Meridiani Mondadori.[4] D’Amico accurately organizes the heterogeneous materials of the manuscript, classifying scattered pages and revisions. He divides the text in 14 parts, and explains their succession in a diagram that graphically clarifies the complex structure of the autograph (p. 1066). According to the scholar, page 127 is part of the tenth section and it represents a first draft of a passage that, except for its first lines, would be omitted in the final draft.
3. Documentary edition
The aim of this documentary edition is to offer an accurate transcription of the manuscript, and to write down all its material and graphic features. It represents a first, crucial, step in order to decoding the text. In particular, it is a starting point for the developing of a phase edition with all its hermeneutic potential.
3.1 Legend
- Overwritings: top line
- Underwritings: bottom line, in italic
- Erasures: xyz
- Rewriting of a letter on a word or of a word on a word: bottom line
- <…> unreadable reading
- <?> doubtful reading
- xxxx: erasures on typewritten text
- [xyz]: additions
Underlinings, references and interruptions reproduce the authorial text.
3.1 Page 127
3.3 Text
4. Phase edition
This phase edition has the aim of reconstructing the phenomena that have marked the work genesis and it allows us to observe the author in his studio. We are choosing to publish the page according to the last version, and to build a horizontal genetic apparatus that explains not only the variants topography, but also their chronological sequence.
Line’s numbering, in square brackets, is editorial. For further details, see the Philological notes.
5. Philological notes
[1] Emendations and original text are written in the same black ink. Therefore, it is difficult to distinguish between immediate and late variants.
The first occurrence of the expression «di là» is deleted in the line, perhaps in order to avoid the repetition of the same formula in the same sentence. Because the fist «di» was removed, a comma is added after the word «costumi». In the second occurrence «com’è di là» becomes «come quella…», and consequently the definite article changes in the indefinite one.
[7] The first half of the text is well readable, while the second one is made complex by insertions and corrections.
In line seven, variants are related. They represent a revision of the whole sentence aimed to obtain a greater indeterminacy. It is demonstrated by the change from the first singular person «come faccio» to the third impersonal «com’è», repeated in the second question, in which «non faccio sul serio» becomes «vi pare che non sia sul serio», through an intermediate phase «vi pare che io non faccia sul serio».
After [7], we can find five additional lines, written close to the right margin. They are a reworking of the first three lines of Henry’s monologue. We have to consider them rejected even if there is no erasure. In-fact, the writer merely marks the lines with a cross-sign. It proves that the manuscript represents an incomplete and magmatic phase of Pirandello’s work, which contains refinements and revisions. The most part of those changes will never be part of the last draft. For this reason, the author has no interest in a final review.
[10] In Pirandello’s first purpose, Henry’s tenth line had to work as a link between the section added in the margin and the text. This is proved by the occurrence of the same expression: «non vedere più» in conclusion of both the new line and the three of monologue. After the author decides to increase the text with lines [11] and the beginning of [12], as in this case confirms the occurrence of the same «fisso».
[12] A strong work of revision affects the beginning of Henry’s long monologue. In a first phase, the writer revises just a little portion of text (whose apparatus is in the note marked with an asterisk).
We can identify three phases:
- The author reworks the text, marked in note (*), then rejects it with a pen stroke on the three lines.
- The author adds three new lines [8], [9], [10], beginning after [7] and continuing from «non vedere più».
- The author adds two further lines, [11] and the beginning of [12] (starting from «fisso»).
At first, the correction of «che hanno preso il vostro posto» in «il vostro posto preso da altri» seems aimed to introduce a variation in the period, diversifying it from the previous «che vi hanno tradito». Pirandello then corrects «che» in «come», similar to the previous «come sono mutate».
The word under «il cervello» is almost unreadable. We suppose that it could be «vostro», because of the near correction of «si rimargina» in «vi si rimargina». Once again, this change is connected with the previous one: from «il guasto, qui, dentro, nel vostro cervello» to «il guasto qua, dentro il cervello», with a proper decrease of punctuation. The comma that follows «qua» could be also a later addition, due to the erasure of punctuation, in a period that might be like this «il guasto, qui dentro, nel vostro cervello».
The word «avevo» is almost unreadable, because the author overwrites on it «ho». Over the letter «a» Pirandello writes also an «h», maybe trying to correct the word in the line.
F. Cianfrocca
5. Footnotes
[1] http://www.studiodiluigipirandello.it/abstract-of-this-site-in-english/.
[2] http://www.studiodiluigipirandello.it/collezione-digitale/.
[3] Livia Pasquazi Ferro Luzzi, Un manoscritto autografo inedito dell’“Enrico IV” di L. Pirandello, Rome, Bulzoni, 1983.
[4] Luigi Pirandello, Maschere nude, vol. II, published by Alessandro d’Amico, Milan, Mondadori, 1993.
6. Bibliography
a) Luigi Pirandello
Luigi Pirandello, Sei personaggi in cerca d’autore, Enrico IV, published by Corrado Simioni, Milan, Mondadori, 1980.
Luigi Pirandello, Maschere nude, vol. II, published by Alessandro d’Amico, Milan, Mondadori, 1993.
b) The Archive
Home page of the Istituto di Studi Pirandelliani e sul Teatro Contemporaneo.
c) The manuscript
“Digital collection” , manuscript of Henry IV.
Livia Pasquazi Ferro Luzzi, Un manoscritto autografo inedito dell’“Enrico IV” di L. Pirandello, Rome, Bulzoni, 1983.