Cristiana Di Bonito parla delle varianti nel teatro di Di Giacomo

La “storia d’autore” di Salvatore Di Giacomo, conosciuto soprattutto come autore di poesie e dei testi delle più celebri canzoni napoletane classiche, è strettamente connessa alla sua lingua, spesso esposta a severe critiche a causa dell’uso di un dialetto apparentemente lontano dal reale uso contemporaneo. Considerando la produzione dell’autore nella sua totalità emerge invece un sapiente uso dei diversi usi e registri linguistici ben calibrati in rapporto alle esigenze comunicative. Ciò è dimostrato soprattutto dai testi del Teatro, pubblicati dall’autore in volume per la prima volta solo nel 1910 ma composti a partire dal 1888: in questi testi le scelte linguistiche di Di Giacomo risultano spesso particolarmente interessanti, perché puntano a rappresentare al meglio nella scrittura tutte le dinamiche di variazione linguistica connesse al dialetto e al parlato spontaneo. Il recupero dei manoscritti autografi del Teatro, conservati presso la sezione Lucchesi Palli della Biblioteca Nazionale di Napoli, mostra, grazie alla ricostruzione delle diverse fasi compositive, il meticoloso lavorìo dell’autore in questo senso. Cristiana Di Bonito (Istituto CNR Opera del Vocabolario Italiano), che lavora a una nuova edizione critica e commentata dei testi teatrali di Di Giacomo, illustra brevemente l’utilità della filologia d’autore in prospettiva storico-linguistica; questo metodo si rivela utile soprattutto per lo studio di testi particolarmente soggetti a variabilità, come quelli teatrali. Inoltre, nel caso dei testi digiacomiani del Teatro, la connotazione dialettale è strettamente connessa a un più ampio dibattito linguistico che vide protagonista lo stesso Di Giacomo negli anni a cavallo tra Otto e Novecento

 

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